Uva non raccolta nei campi, prezzi sotto terra e acquisti azzerati. La denuncia di Coldiretti Puglia

Uva non raccolta nei campi, prezzi sotto terra e acquisti azzerati. La denuncia di Coldiretti Puglia

29 Novembre 2021 0 Di Redazione

Marcisce la pregiata uva da tavola pugliese nei campi e nelle celle per le mancate vendite a causa dei consumi crollati e con i prezzi in campagna ben al di sotto dei costi di produzione schizzati alle stelle nel 2021. E’ da profondo rosso il bilancio della campagna dell’uva da tavola stilato da Coldiretti Puglia a conclusione dell’annata 2021, probabilmente la peggiore degli ultimi 10 anni, mentre si ha notizia dei container di uva pronti ad arrivare dal Cile e Perù prima di Natale.

Per questo Coldiretti Puglia chiede di avviare campagne promozionali, intensificare i controlli e scovare i falsi per salvaguardare l’uva da tavola pugliese – insiste Coldiretti Puglia – che genera un valore di oltre 400milioni di euro con le 602mila tonnellate di produzione, di cui il 60% destinato alle esportazioni in tutto il mondo.

“I nostri imprenditori hanno aumentato la qualità delle produzioni e al contempo – aggiunge il presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia – è stato diminuito l’impatto ambientale e la percentuale di residui, la più bassa al mondo, con pratiche agronomiche mirate, come la potatura invernale agli interruttori di dormienza, la rimozione delle prime infiorescenze e le potature in verde per la formazione di infiorescenze ritardate, la copertura dei filari, la modulazione dell’irrigazione, i trattamenti antisalini e l’inerbimento controllato, con l’impiego di manodopera altamente specializzata”.

Mentre sui mercati esteri i prezzi delle uve senza seme brevettate hanno sostanzialmente tenuto, è stata una disfatta – aggiunge Coldiretti Puglia – per le uve senza seme non brevettate che invece hanno attraversato un momento complesso per la scarsissima richiesta sui mercati per il crollo della richiesta soprattutto in piena stagione di taglio e la conservabilità dell’uva, resa precaria a causa delle nebbie di fine ottobre. La vera e propria débâcle è stata per le uve con seme tradizionali con tutti gli areali giunti a produzione senza grandi problemi così che gli areali super specializzati come quelli del sud est barese non sono mai entrati in gioco.

“La campagna è partita sotto i migliori auspici grazie alle temperature favorevole in fase di sfioritura, con gli impianti a tendone di qualsiasi varietà ricchi di prodotto (circa il 20/30% in più). I prezzi sono stati costantemente troppo bassi, al contempo i costi di produzione sono risultati raddoppiati. Sui mercati l’uva con seme è stata venduta nella GDO quasi sempre a 0,99 €/kg seguendo le varietà ed il periodo ma con percentuali in volume anche del -30/40%”, precisa Gianvito Altieri, componente della Commissione Ortofrutta alla borsa merci della Camera di Commercio di Bari.

Di contro Le importazioni di uva da tavola in Italia ammontano a 25.000 tonnellate (circa il 3,2% dei consumi interni), di queste, una fetta consistente – denuncia Coldiretti Puglia – proviene dall’Europa (49%) e dall’America centro meridionale (circa il 25%), ed in particolare dai sue due principali paesi produttori Cile e Perù, la restante parte proviene dall’Africa (13,5%) ed Asia (4,6%).

La Puglia è il primo produttore in Italia di uva da tavola, con il 74% della produzione nazionale e, grazie all’enorme contributo pugliese, l’Italia è il primo produttore al mondo – aggiunge Coldiretti Puglia – con il 16% sulla produzione globale e la provincia di Bari fa la parte del leone, con 10500 ettari e 2,2 milioni di quintali di produzione.

Per sostenere le esportazioni – conclude Coldiretti Puglia – la crescita e le nuove opportunità di lavoro legate all’uva da tavola occorre investire sulla competitività del Made in Italy a partire dall’apertura a nuovi mercati esteri e dal superamento delle grandi difficoltà create dall’embargo russo, attraverso l’avvio e la promozione di un progetto “Ortofrutta italiana” attraverso il quale vengano sponsorizzati i prodotti a marchio Italia sui mercati europei ed extra europei, così come stanno facendo la Spagna e la Francia.

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