Retribuzione operatori del settore turistico-ricettivo: le dichiarazioni dei rappresentanti di Confcommercio Imprese
27 Febbraio 2022Le dichiarazioni dei rappresentanti di Confcommercio Imprese per l’Italia Lecce a seguito delle polemiche relative alle retribuzioni degli operatori dei settori turistici e ricettivi.
Mimmo De Santis, Presidente provinciale e consigliere nazionale di Federalberghi: “Troppo facile sparare a zero sulle aziende e sbattere gli imprenditori in prima pagina come sfruttatori di manodopera a basso costo. Troppo facile far diventare il malcostume di pochi una regola che vale per tutti”. De Santis evidenzia: “chi non rispetta quanto previsto dal contratto collettivo nazionale deve pagare”, ma non accetta “il pregiudizio in base a cui chi lavora nel Salento non veda rispettati i propri diritti”. Noi stiamo dalla parte della legalità e come noi la stragrande maggioranza delle imprese. Riteniamo che oggi più che mai il lavoratore sia l’elemento cardine su cui imperniare l’intero processo di crescita aziendale e, di conseguenza, sarebbe controproducente per non dire antieconomico non valorizzarne competenza e professionalità. Come associazione di categoria siamo da anni impegnati in un percorso di innalzamento qualitativo della rete turistico-commerciale anche attraverso la creazione di percorsi formativi professionalizzanti destinati a lavoratori ed aspiranti tali. Continuare a fomentare un inesistente scontro di classe tra imprenditori e lavoratori nuoce gravemente all’intero comparto turistico ed è, evidentemente, frutto di convinzioni economico-culturali superate”.
“Che come in tutti i sistemi complessi vi siano delle distorsioni è innegabile, ma da qui a criminalizzare un’intera categoria imprenditoriale appare semplicistico e poco rispettoso per chi, quotidianamente, investe fatica, denaro e tempo per la crescita della propria azienda e del proprio territorio”. Parole dure quelle di Piero Merazzi, presidente del Sindacato Provinciale Ristoratori Confcommercio Lecce, che respinge le accuse, riportando la voce di molti imprenditori, costretti a rinunciare ad assumere personale “perché non trovano persone disposte a lavorare la domenica o nei festivi”, o aspiranti dipendenti “che preferiscono non essere assunti per poter continuare a percepire disoccupazione, reddito di cittadinanza e sussidi vari”. Attacca Merazzi: “Dovrei dunque desumere che i lavoratori siano tutti così? Che non si trovi personale serio e volenteroso? Assolutamente no, perché conosco il nostro territorio e non faccio di tutta l’erba un fascio. Il vero problema è che risulta quasi impossibile reperire manodopera, figuriamoci manodopera specializzata, non è un problema di salari e retribuzioni. L’arrivo della primavera indurrà̀ un notevole bisogno di personale qualificato da inserire nelle aziende di pubblico esercizio e ricettive per non vanificare la tanto agognata ripresa ed è indispensabile che le istituzioni supportino le imprese in questa fase di fondamentale e auspicabile incontro tra domanda e offerta di lavoro, è chiaro che il settore ha ora bisogno di rafforzare le politiche attive in grado di mettere insieme domanda e offerta di competenze qualificate nel settore”.
“Sono stati mesi drammatici per il comparto della ristorazione, ma finalmente si comincia a guardare con fiducia ai prossimi mesi – sottolinea Maurizio Pasca, Presidente di Fipe-Confcommercio Lecce nonché Vice Presidente Fipe-Confcommercio Nazionale. Nel Paese c’è una grande voglia di ripartire, gli italiani hanno voglia di riprendere in mano le loro vite e riappropriarsi dei luoghi della socialità. Ecco perché confidiamo in un rimbalzo molto positivo dopo questo lungo periodo di privazioni e solitudine. Rimane, tuttavia, un’incognita che rischia di compromettere questa ripresa: mancano all’appello circa 150mila lavoratori, nel solo Salento circa 2.000. In particolare stiamo parlando dei 120mila professionisti a tempo indeterminato che nel corso dello scorso anno, a causa dei troppi impedimenti imposti alle nostre attività, hanno preferito cambiare lavoro e interrompere i loro contratti. Si tratta principalmente di cuochi, camerieri, addetti al lavaggio della ristorazione e bar tender di lunga esperienza, attorno ai quali, spesso, sono state costruite intere imprese. A questi si aggiungono altri 20mila lavoratori che lo scorso anno lavoravano a tempo determinato e che oggi, anche alla luce dell’incertezza sul futuro, potrebbero preferire strumenti di sostegno al reddito, invece di un vero impiego. Per invertire questo trend e rendere nuovamente la ristorazione attrattiva soprattutto per le figure più professionalizzate, è importante che la politica dia un segnale di fiducia, ribadendo che il processo di riapertura sarà irreversibile. Siamo davanti a uno scenario desolante – continua Maurizio Pasca – Il nostro settore ha perso per strada professionalità importantissime e, cosa ancor più drammatica, ha smesso di investire sul futuro. Il 26% circa dei posti di lavoro perduti lo scorso anno, infatti, è composto da ragazzi tra i 20 e i 30 anni, mentre addirittura il 35,5% si riferisce a giovani under 20. Sarebbe auspicabile se le grandi sigle sindacali aprissero con noi, da subito, una grande vertenza per l’occupazione. Esiste un tempo per resistere – conclude Pasca – e qualcuno di noi ha resistito 14 mesi, ma esiste anche un tempo per ripartire. Che non si possa vivere di soli ristori, per loro natura insufficienti, è ormai evidente a tutti. Bisogna smettere di cercare scorciatoie e rimettere in moto quella rete di legalità e professionalità rappresentata dai Pubblici esercizi”.