“ADNICH”, un progetto per rafforzare il patrimonio immateriale di Italia, Albania e Montenegro
24 Marzo 2023Si chiuderà oggi a Lecce il progetto ADNICH – Adriatic network of artistic production for the development and enhancement of intangible cultural heritage. Condotto nell’ambito del programma INTERREG – IPA Italia-Albania-Montenegro e coordinato dal Dipartimento di Scienze umane e sociali dell’Università del Salento, ADNICH ha visto il coinvolgimento di partner italiani, albanesi e montenegrini con l’obiettivo della creazione di un network culturale capace di rafforzare il patrimonio immateriale dei tre paesi adriatici attraverso l’arte e il teatro.
La giornata si aprirà alle ore 10 presso le Officine Cantelmo (viale De Pietro, Lecce) con il workshop “The Italian foreign policy in the South-Eastern Europe and in the Mediterranean sea: the role of cultural diplomacy”; interverranno il Rettore Fabio Pollice, il Sindaco di Lecce Carlo Salvemini, il Ministro degli Affari europei Raffaele Fitto, il Direttore del Dipartimento di Scienze umane e sociali Mariano Longo, il coordinatore scientifico del progetto ADNICH Alessandro Isoni e i docenti di Storia delle relazioni internazionali Daniele De Luca (UniSalento) e Antonio Varsori (Università di Padova).
Alle ore 17 ci si sposterà nell’aula 3 dell’edificio 6 del complesso Studium 2000 (via di Valesio, Lecce) per un secondo workshop sul tema “Cultural heritage and social relations across the Adriatic sea”; sono previste le relazioni degli studiosi: Alessandro Isoni (UniSalento) su “Towards an Adriatic cultural landscape”; Fabio Tolledi (ITI Italia) su “The role of theatre in the Trans-Adriatic relations”; Giuseppe Gaballo (Università di Foggia) su “Gender issues and foreign immigrants”; Simone Rollo (Università di Messina) su “Diversity and resilience across the Adriatic sea”; Pjeter Guralumi (Università delle Arti, Tirana) su “The ‘Blood Vengeance’ in Albania”; Cosimo Alessandro Quarta (coordinatore amministrativo del progetto ADNICH) su “Spreading European values: the role of the IPA program”.
Nel corso di questi workshop verrà distribuito il libro curato da Mariano Longo e Alessandro Isoni “Cultural Heritage and Social Relations across the Adriatic Sea” (Pensa Multimedia, Lecce 2021), finanziato dall’Unione Europea.
Alle ore 20 nella libreria ERGOT di Lecce verranno infine trasmesse le interviste registrate durante la ricerca sul campo, indispensabile per redigere i saggi contenuti nel libro. Al termine della proiezione il professor Mariano Longo dialogherà con Corrado Punzi e Katia Lotteria, che hanno contribuito al successo della ricerca.
Spiega il professor Alessandro Isoni: “Il dialogo interculturale ha costituito contemporaneamente la premessa e il principale risultato del progetto. Sotto il profilo culturale, la cooperazione promossa ha consentito di riannodare le fila di un discorso che gli eventi della storia hanno più volte provato a impedire, senza tuttavia mai riuscire a interrompere. Dopo gli anni bui della Guerra Fredda, contrassegnati da un sorda ostilità tra le due sponde dell’Adriatico e che trovano un simbolo nelle migliaia di casematte edificate dal regime di Enver Hoxha in Albania per contrastare una eventuale invasione, a partire dagli anni Novanta del secolo scorso sono ripresi i contatti tra le due sponde dell’Adriatico. Inizialmente contrassegnati dall’esplodere dell’emigrazione di massa dall’Albania e dalla recrudescenza del contrabbando con il Montenegro, i rapporti tra la Puglia e i due paesi adriatici hanno rapidamente ripreso il corso che la storia, nei secoli, aveva contribuito a consolidare. In tutto ciò, questi due fenomeni si inseriscono perfettamente nel solco di una tradizione che ha sempre visto lo stretto braccio di mare che separa la penisola italiana dai Balcani meridionali come un’area in cui i traffici – più o meno leciti – e gli spostamenti di popolazione hanno avuto luogo, a testimonianza della appartenenza delle due sponde di questo mare a una storia che ha spesso visto i popoli rivieraschi confrontarsi più che scontrarsi, secondo quella logica del meticciato illustrata con grande efficacia da Predrag Matvejevic in quel capolavoro ineguagliato che rimane il suo Breviario Mediterraneo. Il programma di preadesione all’Unione europea di Montenegro e Albania non fa che ribadire una volta di più l’importanza di una stabilizzazione di questo importante quadrante geopolitico e il ruolo che l’Italia, e la Puglia in particolare, possono svolgere in questa delicata ma cruciale missione. Da questo punto di vista, il progetto mirava soprattutto a ri-scoprire molti degli aspetti che accomunano le comunità rivierasche, come il ruolo di socializzazione svolto dalle attività teatrali, capaci di rappresentare con efficacia i pilastri della convivenza e i relativi problemi che questa comporta, nella consapevolezza che il mare Adriatico sia un veicolo di unione più che di separazione”.
Sotto il profilo istituzionale, il progetto ADNICH ha inteso situarsi in una prospettiva che, accanto alla implementazione degli obiettivi del progetto, potesse dare vita al processo di institution-building e di educazione alla cittadinanza che i programmi europei fissano sempre come obiettivo ultimo dei progetti di cooperazione. Il fatto che il progetto sia stato ammesso alla cosiddetta fase di capitalizzazione, con relativo ulteriore finanziamento, dimostra come esso abbia prodotto una crescita delle strutture amministrative, politiche e sociali dei paesi coinvolti, attraverso un processo di cross-fertilization tra soggetti che, in virtù delle opportunità offerte dalla cooperazione innescata dal progetto, hanno avuto modo di individuare buone pratiche e di poterle così testare nei rispettivi contesti operativi. Questo fenomeno ha riguardato tutti i soggetti coinvolti che, accanto al Dipartimento di Scienze umane e sociali, ha visto coinvolte storiche istituzioni culturali come il Teatro Zetski Dom di Cettigne in Montenegro, l’Università delle Arti di Tirana in Albania e la sezione italiana dell’International Theatre Institute, che ha sede a Lecce.
Nell’ambito delle recenti commemorazioni di Giulio Regeni in occasione dell’anniversario del suo barbaro assassinio, il Rettore Fabio Pollice ha voluto tra l’altro rimarcare come una delle principali funzioni degli Atenei sia la cosiddetta “diplomazia culturale”. Con questo termine si intendono tutte quelle azioni intraprese da soggetti – pubblici e privati – che promuovono nel mondo il patrimonio materiale e immateriale come elemento essenziale dell’identità italiana, secondo quei principi di “soft power” che sono diventati sempre più importanti a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale. In questo ambito, accanto allo studio della lingua italiana, vero e proprio veicolo degli elementi essenziali della nostra cultura, la ricerca scientifica riveste un ruolo di fondamentale importanza perché, attraverso i progetti internazionali, contribuisce enormemente alla proiezione esterna del nostro paese. Vi è poi la capacità degli Atenei – dimostrata a più riprese in questi anni – di essere veicoli fondamentali per la diffusione di una cultura scientifica che sia in grado di promuovere principi fondamentali, quali la libertà di ricerca, il rispetto dei diritti umani e, in ultima istanza, i valori irrinunciabili della pace e della convivenza che, soprattutto oggi, acquistano rinnovato significato in quadranti così complicati come il Mediterraneo e l’Europa orientale, attraversati da tensioni e frizioni che solo uno sforzo di reciproca comprensione e conoscenza dei rispettivi patrimoni identitari può trasformare in fattori di crescita civile e sviluppo territoriale.