Il 19 gennaio si festeggia Sant’Ippazio, il protettore della virilità maschile
19 Gennaio 2021In questo momento la pandemia in Italia ci costringe a rinunciare alle feste tradizionali e al folclore che si genera intorno ad esse. Qui vogliamo ricordare un evento che si ripropone con la festa, il consumo di carote di una particolare varietà accompagnate da giuggiole. Il 19 gennaio si celebra la festa patronale di Sant’Ippazio Vescovo e Martire e Tiggiano è l’unico comune in Italia che ha questo Santo come protettore. Bisogna dire che ogni Santo è specializzato nel curare una parte del corpo. Nel caso di “Santu Pati”, nel dialetto locale, lui è il protettore della virilità maschile e dell’ernia inguinale.
La devozione al Santo fu importata nel Basso Salento, durante la dominazione bizantina, dai basiliani provenienti dai territori orientali di religione ortodossa, dove il Santo gode di grande venerazione. Sant’Ippazio partecipò al primo concilio di Nicea (325 d.C.) nel corso del quale ebbe come acerrimo oppositore l’eretico Noviziano, che per avere l’ultima parola in un’accesa discussione, lo colpì con un violento calcio nelle parti intime. Questo duro colpo, oltre che togliergli il respiro e ad impedirgli di replicare, gli causò una cronica e dolente ernia inguinale che lo tormentò per il resto della sua vita. Le sue sofferenze fisiche al basso ventre lo fecero eleggere protettore dei genitali maschili e dell’ernia inguinale e, in tale funzione, è onorato devotamente a Tiggiano.
La vera devozione al Santo avviene nel secolo XVII quando il feudo di Tiggiano passa dai Gallone ai Serafini-Sauli ed è da loro che nasce il culto unico per Sant’Ippazio.
Ancora più sorprendente come i genitali maschili vengono riproposti e venduti nelle bancarelle durante la festa patronale: una carota che va dal giallo al viola, un ortaggio particolare che cresce nelle campagne di questo paese. I colori cambiano a seconda della purezza e della maturazione, dal giallo chiaro al viola scuro. È una carota, ma viene chiamata “Pestanàca” anche se Pastinaca non è. Si tratta, invece, della Daucus carota L. var. sativus cultivar “Santu Pati”, ovvero la carota giallo-viola di Tiggiano.
Nella mattinata si svolge la tradizionale fiera di animali, di attrezzi per l’agricoltura e di prodotti ortofrutticoli. Nel tardo pomeriggio ha luogo la processione, durante la quale si porta la statua più grande del Santo patrono per le vie del paese. La processione inizia sempre col peculiare rito dell’innalzamento dello “starnaddhu”, un’asta lunga sette metri, avvolta per quasi tutta la sua lunghezza da un panneggio rosso granata, che termina con una sfera in ghisa del peso di cinque chili. L’uomo incaricato dell’esecuzione di questo atto rituale è generalmente il vincitore di un’asta, ovvero colui che ha versato la maggiore somma di denaro in favore del Santo. Prima che la statua del patrono venga portata fuori, egli deve partire correndo dal portone della chiesa, percorrere il breve sagrato, scendere i tre scalini prospicienti e tenendo lo starnaddhu parallelo alla strada, sempre in corsa tra il rullo dei tamburi, arrivare all’altezza della cappella della Madonna Assunta, distante una cinquantina di metri dal punto di partenza, e lì innalzarlo con uno strappo deciso. Un tempo, se il rito procedeva senza intoppi e terminava col dovuto innalzamento dello starnaddhu, si poteva auspicare una buona annata agricola. Viceversa, il mancato innalzamento dell’asta era considerato cattivo presagio per il raccolto dell’anno a venire.
Si dice che in passato coloro che invocavano il suo intervento si recavano in chiesa accompagnati dalle loro donne per chiedere la grazia della guarigione. Ancora oggi le madri affidano a “Santu Pati”, come i tiggianesi chiamano il loro patrono, i figli maschi invocandone la fecondità e una felice vita matrimoniale. La carota si deve assolutamente mangiare nel giorno della ricorrenza. Tutti i tiggianesi comprano un mazzo di queste bellissime radici che assumono un metaforico significato propiziatorio e devono essere accompagnate da una manciata di simboliche giuggiole, due per ogni carota. Ricordiamo che i frutti dell’albero di giuggiole sono di forma ovale, come una grossa oliva.
Anche se tutte queste allusioni possono sembrare irriverenti, è proprio grazie a questo rito e alla devozione dei tiggianesi e al loro legame con il Santo se questo ortaggio continua ancora ad essere coltivato. Scomparso dai mercati ortofrutticoli, viene venduto quasi esclusivamente durante la fiera di Tiggiano e viene oggi coltivato in orti privati. La carota di Santu Pati, o carota giallo-viola di Tiggiano, è stata inclusa nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) della Puglia. Inoltre, da alcuni anni, l’Università del Salento ha inserito la Daucus carota L. var. sativus cultivar “Santu Pati” nel suo progetto dell’orto botanico con cui intende riproporre le varietà locali per garantire genuinità e proprietà salutistiche perché ancora ottenute con tecniche colturali rispettose delle caratteristiche del terreno.
Questo rituale rimanda ad antichi riti legati alla fertilità, dato che esso rappresenta una palese allegoria dell’erezione dell’organo virile. Le festività in onore di Sant’Ippazio possono essere interpretate come la riproposizione in chiave cristiana di un antico rito pagano legato a Priapo. Il culto di Priapo era associato al mondo agricolo e alla protezione delle greggi, dei pesci, delle api e degli orti. Spesso, infatti, cippi di forma fallica servono a delimitare i confini della terra coltivabile. Tradizione proseguita nonostante il cristianesimo. Ancora oggi troviamo cippi fallici in Italia, in particolare nel Salento e nelle campagne di Sardegna e Basilicata.
Insomma, per quest’anno niente fiera e festa patronale ma cari maschietti prendete nota: il prossimo anno fate la scorta di queste buonissime carote accompagnate da due giuggiole per ognuna di loro. Difficile resistere alla tentazione di acquistarle: sono croccanti, dolci e aromatiche, cariche di gusto, vitamine e antiossidanti. Poi l’intercessione de Santu Pati farà il resto… provare per credere.
Raimondo Rodia
Foto gentilmente concesse da Fabrizio Cazzato