Ripartite le risorse per il sostegno del settore vitivinicolo. Alla Puglia oltre 29 milioni di euro

Ripartite le risorse per il sostegno del settore vitivinicolo. Alla Puglia oltre 29 milioni di euro

26 Dicembre 2023 0 Di Redazione

Arrivano oltre 29 milioni di euro al settore vitivinicolo in Puglia, in una annata da dimenticare per la vendemmia che paga il conto degli eventi estremi e degli attacchi di peronospora che hanno caratterizzato il 2023, per cui le quantità risultano crollate dal 30% fino al 90% in alcuni areali, mentre sono aumentati in misura esponenziale i costi di produzione.

“Le difficoltà legate all’aumento dei costi di produzione e ai costi dei finanziamenti stanno mettendo a rischio la spesa complessiva del sistema vitivinicolo in ambito Ocm – afferma Alfonvo Casvallo, presidente di Coldiretti Puglia -. E’ necessario lavorare nella direzione di aumentare la flessibilità nella attribuzione e rendicontazione delle spese relative alla varie misure oltre che prevedere a livello nazionale e regionale meccanismi di overbooking per garantire la massima distribuzione delle risorse ed evitare che alla fine dell’anno finanziario siano restituite risorse al bilancio comunitario”.

La contrazione dei volumi di vendita sia sul mercato interno che su quelli esteri, la permanenza di prezzi di commercializzazione dei vini sfusi piuttosto bassi, a fronte del considerevole incremento dei costi di produzione, sta riducendo considerevolmente i margini aziendali, con il serio rischio non solo di mettere in difficoltà le imprese ma di avere una negativa forte ripercussione sui produttori.

“Servono misure per il riequilibrio del mercato come l’attivazione dello schedario vitivinicolo, quale strumento fondamentale conoscitivo delle produzioni regionali – aggiunge Cavallo – con la necessità dell’applicazione degli strumenti di gestione delle DO/IG quali la riduzione delle rese per ettaro delle produzioni a IGP della nostra Regione, l’eliminazione delle deroghe produttive per i vini comuni sopra le 30 Tn, la valutazione della fattibilità di ipotesi di sospensione della concessione delle autorizzazioni per nuovi impianti, ma anche la necessaria applicazione di una misura di distillazione, per alleggerire le attuali giacenze di magazzino e una possibile verifica di una misura per lo stoccaggio”.

Intanto, sono salve migliaia di etichette per il vino Made in Italy fatto in Puglia messe a rischio dalle nuove norme Ue, grazie alla firma del Decreto del Masaf che posticipa l’introduzione e l’applicazione della normativa europea sul cambio di etichettatura del vino, permettendo cosi l’utilizzo e l’esaurimento delle etichette già in magazzino.

La norma impone l’inserimento delle informazioni relative a ingredienti e valori nutrizionali e inizialmente prevedeva che per gli ingredienti fosse utilizzato un codice QR accompagnato dalla lettera “I”. A poche settimane dall’entrata in vigore, la Commissione ha deciso di inserire il termine completo “ingredienti”, condannando di fatto al macero tutte le etichette già stampate dai produttori che si erano organizzati per tempo.

Un problema subito denunciato dalla Coldiretti a tutela di un settore già colpito dall’impennata del costo del vetro cavo per le bottiglie che hanno fatto segnare un aumento che ha raggiunto il 58% nell’arco di 18 mesi mette a rischio la competitività del vino italiano sul mercato nazionale ed estero dove per la prima volta dopo oltre un decennio sono calate le vendite in valore (-1%). Non a caso l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato un’istruttoria per una presunta intesa restrittiva della concorrenza nella vendita delle bottiglie di vetro.

“Non si tratta peraltro della prima ‘grana’ causata al Vigneto Italia dalle politiche adottate dall’Unione Europea – ricorda Coldiretti –. Si va dalla scelta della Commissione di dare il via libera all’introduzione di etichette allarmistiche sul vino decisa dall’Irlanda alla decisione della Ue di autorizzare nell’ambito delle pratiche enologiche l’eliminazione totale o parziale dell’alcol anche nei vini a denominazione di origine, dalla pratica dello zuccheraggio fino al vino senza uva con l’autorizzazione alla produzione e commercializzazioni di vini ottenuti dalla fermentazione di frutti diversi dall’uva come lamponi e ribes molto diffusi nei Paesi dell’Est. Ma a pesare sono anche i rischi legati alle richieste di riconoscimento di denominazioni che evocano le eccellenze Made in Italy”.

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