Ambizione, competenza, visione. Dal Quirinale a Palazzo Orsini per riconquistare la fiducia nella politica
30 Gennaio 2022Quando un anno fa si scelse il timoniere Mario Draghi per guidare l’Italia nella tempesta, in molti pensammo che buona parte di questa classe politica stesse pian piano acquisendo visione e coraggio. Ma soprattutto responsabilità. Tutte impressioni spente oggi con la rielezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica. Nessuno si aspettava quello che è accaduto. Nemmeno il diretto interessato, che già da tempo aveva espresso la sua volontà di non voler essere della partita. Nessuno però, è stato in grado di trovare degne alternative. Nessuno ha avuto la visione, il coraggio e la responsabilità per trovare un finale adatto a questo “Romanzo Quirinale”.
E tutti, quindi, hanno deciso di nascondere le proprie mancanze nel senso delle istituzioni di un vecchio presidente che “avrebbe avuto altri piani” ma che non si è sottratto alla gravosa richiesta. Il triste corteo che nel pomeriggio si è diretto verso il Palazzo del Quirinale è il degno epilogo di questa pagina politica. Ma la cosa che più spaventa risiede nel fatto che questa elezione ci consegna l’incapacità di quasi tutti i leader nel saper giocare una partita importante come questa.
Partiamo da Matteo Salvini, il “kingmaker” designato. La strategia adottata descrive fedelmente il leader del Carroccio, ossia un politico che ragiona con scelte di pancia, privo di qualunque fiuto tattico. Da lunedì mattina parte elencando liste di nomi, sperando che almeno uno venga accolto dal centrosinistra o dal Movimento Cinque Stelle. E continua su questa strada fino a “bruciare” tutte le opzioni autorevoli che gli capitano a tiro. Il caso più eclatante, la candidatura nata perdente e silurata dai franchi tiratori della Presidente del Senato Casellati. Salvini ha dimostrato di non saper giocare a questi livelli e di aver perso la leadership dell’intero centrodestra. Il leader della Lega ora dovrà fare i conti sia con Fratelli d’Italia, che inizia e termina la settimana convintamente all’opposizione e oggi riserva aspre critiche nei confronti di Salvini, che con Forza Italia, sempre più attratto da richiami centristi.
Enrico Letta gioca male una partita di rimessa. Bravo a sfiancare Salvini, lasciando al centrodestra la scelta iniziale dei nomi. Ma questo attendismo esasperato si protrae fino a venerdì e nel frattempo il leader non riesce a far emergere dalla palude delle correnti del suo partito il nome, a lui molto gradito, di Mario Draghi.
Giuseppe Conte si lascia aperta qualunque porta. Dialoga a inizio settimana con Salvini per provare poi ad alzare il prezzo con Letta, specialmente in chiave governo, per un suo appoggio ad un eventuale candidatura al Quirinale espressa dal Pd. Ma anche lui non ha la capacità di tenere unito il Movimento, che sin dalla prima votazione si mostra non unito nelle scelte (va detto poco chiare) dettate del suo presidente.
L’unico leader che ha giocato bene le sue carte è stato Matteo Renzi. “So di essere di media statura, ma non vedo giganti intorno a me” una celebre frase di Andreotti ma che potrebbe essere stata pronunciata tranquillamente da Renzi in questi giorni. In questo mondo di lillipuziani della politica, lui sembra Gulliver. E’ l’unico che fa le scelte tatticamente più sensate durante tutta la settimana e che lo portano ad essere, con un manipolo di grandi elettori, decisivo nella vittoria di Mattarella, portato da lui al Colle sette anni fa. Sempre in partita, assecondano prima la linea dello “sfiancamento” di Salvini e poi proponendo per primo la bocciatura della candidatura Belloni venerdì notte, l’ultimo ostacolo prima del lancio verso il bis del “suo” Mattarella. E’ Renzi l’unico animale politico ancora in circolazione. Ci piaccia o meno.
Ora, però, ognuno si dichiara contento. Tutte le facce che si alternano durante la Maratona Mentana provano a raccontarci che l’elezione di Mattarella è una vittoria. Tentativi maldestri, delle arrampicate sugli specchi, per nascondere la vera realtà dei fatti: il “Mattarella-bis” è stata l’ultima spiaggia di una tornata elettorale sfuggita dalle mani di tutti. Il profondo senso dello Stato del “nuovo” presidente oggi ha salvato il Paese da pericolose derive. Ma ciò non toglie che siamo di fronte a una palese delegittimazione di questa classe dirigente.
Oggi è vergognoso raccontare un successo. Non dopo quello a cui abbiamo assistito. Da domani, la politica dei palazzi romani dovrà provare a ritrovare la credibilità persa in questi giorni. Serviranno tempo e profonde analisi in tutte le segreterie di partito. Ma purtroppo, il tempo manca e le risposte a cui siamo chiamati sono davvero tante. Prima tra tutte, il PNRR.
In questo momento di grave crisi del potere centrale, sarà allora nelle mani delle periferie il compito di prendere in mano le sorti del nostro futuro. Saranno le amministrazioni a dover dettare passi e modalità della ripartenza non solo politica ma anche economica del nostro Paese. Anche perché il PNRR prevede che, per avere i 40 miliardi che spettano all’Italia nel 2022, si devono portare a casa 100 obiettivi. E la maggior parte dei provvedimenti amministrativi per la realizzazione di questi step sono in mano ai Comuni. Se si arenano questi enti, probabilmente si arenerà l’intero piano nazionale.
Pensando a noi, sembra chiaro che anche le prossime amministrative qui a Galatina, non avranno lo stesso significato. Siamo chiamati tutti ad una grande responsabilità non solo locale ma anche nazionale. La prossima campagna elettorale inevitabilmente dovrà confrontarsi su temi che guardano oltre il limite del passaggio a livello. Chi in questi mesi sta presentando la propria candidatura per un posto a Palazzo Orsini, dovrà dimostrare di saper affrontare con impegno, competenza e serietà progetti di respiro nazionale ed europeo, ma soprattutto, una programmazione che vada oltre i prossimi cinque anni.
La prossima amministrazione non sarà per tutti. Non serve chi immagina la politica come un passatempo in cui coltivare incarichi e privilegi da piccola casta. Né chi vuole la fascia tricolore per apparire bello nello specchio dei suoi limiti.
Basta parlare per luoghi comuni. La centralità di questo paese all’interno di un più ampio scenario la si avrà se si affronteranno con onestà intellettuale i problemi e le necessità.
Tutti noi vogliamo una Galatina che “ritorni al centro”, ma siamo tutti davvero disposti a guardarci negli occhi e raccontarci la verità? Chi vorrà governare questa città, sarà in grado di collocare in una prospettiva più grande la voglia di crescita di molti, soprattutto giovani, galatinesi?
Ambizione, competenza, visione. Serve soltanto questo per riconquistare la fiducia nella politica. Per ricostruire l’Italia. Anche partendo da Galatina.
Edoardo Mauro