Cantine pugliesi piene di vini DOP e IGP ma l’aumento dei costi frena il settore
30 Agosto 2022Con l’aumento di oltre il 50% per l’energia, le lavorazioni, le materie prime, l’irrigazione e la mancanza di manodopera che pesano come macigni sul settore vitivinicolo, mentre le quotazioni delle uve da vino sono da profondo rosso a causa di ingiustificabili fenomeni speculativi, serve una fotografia dei numeri e delle potenzialità reali del settore per costruire una strategia di filiera, puntando su qualità e su rese per ettaro appropriate. E’ quanto afferma Coldiretti Puglia, alla luce del report di Cantina Italia dell’Ispettorato Repressione Frodi del Ministro delle Politiche Agricole al 31 luglio 2022 che registra una impennata delle giacenze di vini DOP nelle cantine dell’11% e del 47% di vino IGP rispetto al 2021.
“Per difendere il patrimonio vitivinicolo pugliese è necessario intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione con interventi immediati e strutturali per programmare il futuro, ma anche mettere mano ai disciplinari di produzione in modo da garantire rapporti di filiera che siano improntati sulla correttezza, la trasparenza e la crescita di tutti gli anelli della filiera”, afferma Savio Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.
“La vendemmia 2022 in Puglia è partita in anticipo rispetto allo scorso anno con la siccità e il caldo oltre i 40 gradi che hanno tagliato la produzione almeno del 15% a livello regionale con i vigneti messi a dura prova anche da continui eventi estremi come nubifragi e grandinate che stanno caratterizzando un agosto pazzo, per cui Coldiretti Puglia ha chiesto l’urgente misura dell’arricchimento all’Assessore regionale Pentassuglia. Puntare sulla qualità e sulle peculiarità dei singoli vitigni devono essere i principi cardine che potranno riportare su corretti parametri i prezzi di mercato che soddisfino sia i produttori che i trasformatori” – continua Coldiretti Puglia.
“Lo scenario del settore vitivinicolo va analizzato, anche alla luce delle preoccupazioni dei consumatori per il ‘carovita’, a seconda dei canali di vendita su cui le diverse strutture di produzione e commercializzazione indirizzano le proprie produzioni. Il timore di entrare in recessione con lo scenario inflattivo e di crisi, determinerà strategie di risparmio dei consumatori con solo il 4% che dichiara che non ci sarà alcun cambiamento nelle abitudini di acquisto e di consumo, il segnale evidente che l’inflazione con il caro bollette e i rincari dei beni alimentari avrà effetti tangibili nei prossimi mesi sulle scelte di acquisto dei consumatori, che non possono essere scaricati sulle spalle dei produttori”, aggiunge Pietro Piccioni, direttore di Coldiretti Puglia.
“Con la guerra si moltiplicano speculazioni e pratiche sleali sui prodotti alimentari, che vanno dai tentativi di ridurre la qualità dei prodotti offerti sugli scaffali alle etichette ingannevoli fino al taglio dei compensi riconosciuti agli agricoltori al di sotto dei costi di produzione – sottolinea la Coldiretti -. Il risultato è che più di 1 azienda agricola su 10 (11%) si trova in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo”.
Una situazione inaccettabile se si considera che per ogni euro speso dai consumatori in prodotti alimentari freschi e trasformati appena 15 centesimi vanno in media agli agricoltori ma se si considerano i soli prodotti trasformati la remunerazione nelle campagne scende addirittura ad appena 6 centesimi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Ismea.
Occorre lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole e trasformatori con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni, conclude coldiretti Puglia, sottolineando l’importanza in questo contesto dell’apertura del Governo alla proposta di Coldiretti sulla defiscalizzazione del costo del lavoro.