Coldiretti Puglia: “Nuova energia green dai residui di potatura”
10 Ottobre 2023La spesa energetica ha un doppio effetto negativo perché riduce il potere di acquisto dei cittadini e delle famiglie, ma aumenta anche i costi delle imprese particolarmente rilevanti per l’agroalimentare con l’arrivo dell’autunno e per questo occorre un nuovo modello energetico che parta dal riutilizzo degli scarti agricoli.
E’ quanto afferma la Coldiretti Puglia, in occasione della presentazione del progetto Venere nello Spazio Coldiretti portato avanti dalla OP Puglia Olive, Università Degli Studi Di Foggia, Agronomica, Impresa Verde Puglia, Oleificio Cooperativo Della Riforma Fondiaria Paladino S.C. Agricola, Cooperativa Agricola Cc DD di Bitritto e Coldiretti Puglia, proprio quando la bolletta del gas per la famiglia tipo in tutela per i consumi di settembre 2023 sale del 4,8% rispetto ad agosto secondo quanto comunicato da Arera.
Secondo la Banca Dati Regionale delle Biomasse, solo considerando gli oliveti ed i vigneti – spiega Coldiretti Puglia – sono disponibili circa 1,2 milioni di tonnellate all’anno di residui di potatura in Puglia. Ciò si tradurrebbe, in termini teorici, in una potenza d’installazione elettrica pari a 225 MW, ovvero 600 MW di potenza termica. Su scala regionale, questi numeri potrebbero contribuire non poco al processo di decarbonizzazione della nostra economia regionale, alleviando i costi ambientali e sanitari conseguenti all’impiego energetico del carbone, il combustibile col più elevato effetto inquinante e di alterazione climatica. Le potature sono oggi una risorsa ancora largamente inutilizzata; al contrario, esse potrebbero rappresentare una leva dello sviluppo rurale, uno strumento di diversificazione del reddito agrario, utile ad incorporare il valore aggiunto che verrebbe generato dalla conversione di questa materia residuale in un “prodotto energetico” (calore e/o elettricità).
Il progetto Venere si propone di ell’attivare una filiera produttiva in grado di generare energia rinnovabile da biomassa a partire dai residui di potatura delle colture arboree (oliveti). Tale energia è destinata a coprire i consumi di un’industria agraria cooperativa. Le stesse aziende agricole associate che forniscono la materia prima alimentare (olive) provvedono anche il combustibile utile per ricavare l’energia che, a sua volta, alimenta l’impianto di trasformazione agroalimentare (frantoio).
Si tratta Trattasi, pertanto, di una forma di autoconsumo energetico destinato a ridurre drasticamente la dipendenza da approvvigionamenti esterni, facendo ricorso ad una forma di energia rinnovabile a bassissime emissioni di gas “serra”.
Il settore direttamente interessato all’innovazione proposta è quello olivicolo-oleario. Altri settori agroindustriali (es. quello vitivinicolo) potrebbero esserne coinvolti su scala regionale a seguito di iniziative analoghe e traendo vantaggio dall’esperienza acquisita in questo progetto.
“E’ importante cogliere le opportunità che vengono dall’economia circolare dotando il Paese di una riserva energetica sostenibile attraverso un fotovoltaico intelligente che non consuma suolo fertile e una rete per il biometano, dice Coldiretti nel sottolineare peraltro l’importanza in tale ottica di sbloccare la proroga degli incentivi al biogas e finanziamento degli impianti che hanno presentato domanda al Gestore dei Servizi energetici (Gse) per favorire la transizione ecologica, trasformando gli sprechi in energia, e di dire sì al digestato come fertilizzante per evitare di fare un favore alle multinazionali straniere. La Coldiretti sostiene un modello di transizione energetica che vede le imprese agricole protagoniste attraverso, ad esempio, le comunità energetiche, gli impianti solari sui tetti e l’agrivoltaico sostenibile e sospeso da terra che consentono di integrare il reddito degli agricoltori con la produzione energetica rinnovabile, con una ricaduta positiva sulle colture e sul territorio, come nel settore del biogas-biometano che ha conosciuto un’importante accelerazione verso la transizione energetica attraverso il riciclaggio di sottoprodotti e la riduzione dell’impronta ambientale e di carbonio, specialmente nella zootecnia”.