“Il porto ritrovato”: avviata la nuova campagna di ricerche archeologiche subacquee e costiere
25 Maggio 2024È ripartita la campagna di ricerche archeologiche subacquee e costiere del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento nel comprensorio della Riserva Naturale dello Stato e Oasi WWF “Le Cesine” nel Comune di Vernole (concessione di scavo del Ministero della Cultura per il tramite della SABAP Brindisi Lecce, DDG-ABAP n. 1057 del 22 agosto 2022). La campagna si protrarrà fino al 30 giugno.
I nuovi scavi, sempre diretti dalla professoressa Rita Auriemma, docente di Archeologia subacquea dell’Ateneo salentino, affiancata dai suoi collaboratori, hanno l’obiettivo di ricostruire lo sviluppo complessivo delle strutture individuate nel 2020 e già parzialmente indagate nelle campagne 2021 e 2023: le evidenze archeologiche, ubicate in località “Posto San Giovanni”, lungo la costa tra San Cataldo e “Le Cesine” e nelle vicinanze dell’Edificio Idrovoro della Riforma Agraria, sono in gran parte di età romana e provano l’esistenza di un importante complesso portuale.
Prosegue quindi lo scavo della possente fondazione del molo, che si sviluppa a circa 15 m dalla costa, verosimilmente in corrispondenza della riva antica, da meno di un metro a 3,5 m di profondità. Larga 8 m, la struttura è realizzata in grandi blocchi giustapposti, originariamente sovrapposti ma oggi crollati e sparsi a causa della forza disgregatrice del moto ondoso, e mostra a intervalli piuttosto regolari grandi blocchi parallelepipedi con un lato sagomato interpretabili come possibili bitte, anch’essi in crollo, altri blocchi lavorati e canalette. Le ricerche del 2023 hanno rivelato l’estensione notevolmente maggiore sia per la radice sia per la testata del molo e hanno permesso di accertare la continuità tra le due aree, inizialmente distinte, mostrando per il molo uno sviluppo complessivo a “L” di quasi 150 m.
La struttura è simile per imponenza e per la tecnica edilizia “a cassone”, tipica delle strutture di approdo dell’Adriatico e di altre aree del Mediterraneo orientale, alla parte sommersa del grande molo di Adriano sito più a nord, a San Cataldo, ma potrebbe essere addirittura più antica di quest’ultimo. Autori antichi ricordano lo sbarco di Ottaviano da Apollonia al porto di Lupiae, che doveva quindi godere di una certa considerazione nella seconda metà del I secolo a.C. ed essere forse già munito di alcune infrastrutture, per accogliere la nave del futuro imperatore Augusto.
Le verifiche proseguono anche per la cosiddetta “Chiesa sommersa”, i resti di un edificio con la base intagliata in uno sperone roccioso e l’elevato dei muri in cementizio e la cui possibile identificazione con una “torre-faro” è un’ipotesi ancora da verificare, e per le strutture a terra, che mostrano una serie di vasche scavate nella roccia, probabilmente per la produzione del sale, e alcuni ambienti forse databili a età tardorepubblicana.
“Questo tratto di costa merita un’attenzione diversa – afferma la professoressa Rita Auriemma – per la sua bellezza naturale e le tante testimonianze di storia e di storie che qui si addensano. Si tratta di un patrimonio diffuso che occorre restituire alla comunità, coinvolgendo anche quei cittadini ‘temporanei’, i turisti, oggi sempre più interessati a esperienze uniche e autentiche. A questo progetto di ricerca e valorizzazione del territorio l’università del Salento sta dedicando risorse umane ed economiche importanti, nella consapevolezza che il patrimonio è bene comune, fondamentale per lo sviluppo sociale, culturale, economico della società, nello spirito della Convenzione di Faro”.
Quest’anno le ricerche si avvalgono anche della presenza della “Pelagia”, l’imbarcazione dell’Università del Salento in dotazione al Dipartimento di Beni Culturali e al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali e che sarà impiegata come natante di appoggio e base logistica per le operazioni, grazie al prezioso supporto dei professori Genuario Belmonte, Stefano Piraino e Vittorio Pasquali del DiSTeBA.
Per la documentazione è prevista, ancora una volta, la collaborazione di docenti e ricercatori del Politecnico di Torino (Dipartimento di Architettura e Dipartimento di Geomatica), che già nelle campagne precedenti hanno eseguito la fotogrammetria da drone delle evidenze e il rilevamento 3D del fondale con ecoscandaglio multibeam di ultima generazione allestito su un apposito battellino e che quest’anno effettueranno nuovi rilevamenti con Sub Bottom Profiler. I dati di questi rilevamenti e la fotogrammetria subacquea permetteranno di realizzare il modello 3D del paesaggio costiero e subacqueo, anche a fini di valorizzazione e fruizione virtuale.