La cripta dell’Assunta a Sanarica
3 Giugno 2021Andiamo a scoprire le tante evenienze storiche ed architettoniche di un piccolo scrigno di arte chiamato Sanarica. Partiamo con una cripta occultata al centro del paese, sotto le viscere della chiesa matrice dedicata alla Madonna dell’Assunta.
Intanto diciamo che questa non è l’unica cripta presente in paese ma l’unica fruibile. Prima di passare alla descrizione della cripta vorrei ringraziare il mio amico Fabrizio Marrocco per avermi aperto le porte di questo e degli altri gioielli di Sanarica di cui parleremo a puntate in altri articoli e per il suo amore sconfinato per il suo paese nonostante da anni non è più residente per motivi di lavoro.
Iniziamo dall’arrivo in piazza Martini, subito noto la mole del castello, fulcro centrale da cui si dipartono strade, vicoli e chiese, cappelle ed un santuario famosissimo. Un palazzotto con uno stemma raffigurante una testa di Moro come gli stemmi delle vicine Muro Leccese e Morigino ed un edicola votiva in un angolo della piazza.
Ci aspetta il padre di Fabrizio che ci apre la cripta, il sito è accessibile grazie ad una scaletta corta ricavata sul fianco esterno della chiesa matrice, la sua costruzione posticcia ha distrutto una delle tre absidi, mentre il vero accesso originale è sottoposto e non più aperto.
Questo magnifico esempio di chiesa cripta scavato nella pietra ha un impianto a tre navate come San Salvatore a Giurdignano, divise da pilastri appena sagomati che aprono ad arcate che dividono il Naos (luogo accessibile ai fedeli) in nove campate, un iconostasi vale a dire la barriera che una volta divideva appunto chi officiava da chi seguiva come fedele la messa è del tipo triphorium e separa appunto il Naos dal Bema (luogo aperto al solo officiante).
La cappella ha subito il crollo del soffitto di tutta la navata destra, con un grave danno per gli affreschi persi e per lo stato di sicurezza di questo ipogeo. Oltre alla navata destra un crollo è avvenuto anche in quello che era l’ingresso principale. Attualmente le due parti sono state murate con conci di tufo riportanti poche tracce di affreschi provenienti forse dalla cappella che ha preceduto l’attuale chiesa matrice superiore. Gli arredi originali sono i gradino sedile in pietra che corrono per tutto il Naos e creano anche le basi delle colonne.
Con grande dispiacere le figure dipinte sono poche a causa probabilmente dell’intonaco usato direi non perfetto. La figura che attira di più è nascosta oggi dietro una colonna della navata destra, probabilmente non si tratta di una santa Costantina come molti pensano, ma Costanza figlia dell’Imperatore Costantino I.
Magnifica anche la Madonna che regge il suo bambino dall’aureola crocesignata, la figura seduta in trono è molto rovinata.
Segue un San Nicola di Myra protagonista del primo concilio di Nicea, mentre il protagonista è un San Giovanni Battista per la sua ieraticità e per i colori usati, anche se l’affresco manca della parte inferiore, questo il poco che rimane nella parte destinata ai fedeli. Nel Bema tri absidato naturalmente si sono persi i dipinti del abside a sinistra rotta per far posto alle scale di accesso, gli affreschi quindi sono presenti nell’abside centrale e destro.
Nell’abside destro un terzetto di santi non riconoscibili. Nell’abside centrale l’affresco della Dèesis che non può mancare in una chiesa di rito greco cioè un Cristo Pantocratore al centro con ai suoi lati Maria e Giovanni Battista. Tutti questi affreschi di cui abbiamo parlato sono da considerarsi realizzati tra il XIII ed il XIV secolo.
Con la scomparsa del rito greco a Sanarica la cripta venne interrata ed adibita ad ossario della chiesa superiore che è posta diversamente dalla cripta.
Rimane il rammarico che tanta bellezza rimanga seppellita e poco conosciuta. Non mancate di leggere i prossimi articoli dedicati al Santuario che salva dalla sciatica, della chiesa e confraternita con il vicino calvario, dei segreti e delle bellezze della chiesa di San Salvatore e del resto del territorio di Sanarica, che vanno da Pompignano, al menhir, alle edicole votive, alle doline carsiche di un piccolo grande paese.
Raimondo Rodia