Lecce: incontro con registi, autori e proiezione del film documentario “Il Padiglione sull’acqua”
14 Giugno 2024Un viaggio, estetico e poetico, nell’immaginario dell’architetto veneziano Carlo Scarpa e nella sua passione per la cultura giapponese: è “Il Padiglione sull’acqua”, il documentario firmato da Stefano Croci e Silvia Tiberini, registi del film, che domani sarà, insieme ai due autori, al centro dell’appuntamento ospitato a Masseria Tagliatelle, via del Ninfeo, promosso e organizzato dal Consiglio dell’Ordine degli Architetti PPC della provincia di Lecce con inizio alle 19.
Lavoro di struggente e delicata bellezza, attraversato da un sentimento di nostalgia che colora l’intera narrazione, “Il Padiglione sull’acqua” è, al contempo, anche grazie alle impressioni suggerite dal filosofo giapponese Ryosuke Ōhashi, una interrogazione sul senso della bellezza, identificata come anello di congiunzione tra il lavoro e il pensiero di Carlo Scarpa e l’estetica tradizionale giapponese, e un indiretto omaggio al Giappone che per l’architetto veneziano rappresentò un universo ispirazionale ma fu anche il luogo dove egli morì, nel 1978, all’apice della sua carriera, ripercorrendo misteriosamente i tragitti del poeta errante Matsuo Bashō.
Venezia, nella veste di porta verso l’Oriente e luogo di nascita di Scarpa, e l’esplorazione incantata delle sue opere, sono l’occasione per rievocare la poetica ed episodi emblematici della vita dell’architetto, restituiti attraverso le parole del figlio Tobia, degli allievi Guido Pietropoli, Giovanni Soccol e Guido Guidi, del ricercatore J.K. Mauro Pierconti.
La nostalgia che lieve attraversa la narrazione e l’impianto filmico, è “nostalgia”, scrivono i due registi, “per quell’evento raro che è la nascita di un artista. Seppur ora abbia abbandonato questa terra, lascia in dono le sue opere e la meraviglia che esse tuttora suscitano”.
L’appuntamento si aprirà con i saluti istituzionali del Presidente dell’Ordine degli Architetti PPC provincia di Lecce Tommaso Marcucci e l’introduzione alla visione, curata dal consigliere dell’Ordine architetto Davide Negro. Al termine della proiezione l’incontro e la discussione con i registi Stefano Croci e Silvia Siberini.
“Il lavoro e il pensiero di Carlo Scarpa, che amava definirsi bizantino nel cuore, è per il mondo dell’architettura italiana e internazionale fonte continua di suggestioni e ispirazione – sottolinea il Presidente dell’Ordine degli Architetti PPC provincia di Lecce Tommaso Marcucci -. Per questo siamo felici di poter ancor auna volta fermaci a riflettere sulla sua straordinaria esperienza grazie alla proiezione di questo film già salutato con grande favore dalla critica e alla presenza dei due autori. Che ringraziamo per aver voluto essere con noi domani e soprattutto per averci donato un lavoro che, attraverso le immagini, riflette sulla bellezza e sull’essenza dell’operare artistico che connota la grande architettura”.
NOTE
Il Padiglione sull’Acqua nasce da una ricerca dei registi che ha condotto alla realizzazione di un breve documentario su Carlo Scarpa (1906-1978) e Matsuo Bashō (1644-1694), La Pietà del Vento (2014).
Nel suo ultimo viaggio nel 1978 Scarpa intendeva raggiungere l’antica capitale giapponese Hiraizumi. Stava ripercorrendo i tragitti descritti dal poeta nel diario di viaggio che scrisse prima di morire, Lo stretto sentiero verso il profondo nord (1694). Scarpa non raggiunse mai Hiraizumi, morì in un tragico incidente a Sendai, nello stesso giorno in cui morì il poeta, il 28 novembre.
Conciliando un’aspirazione poetica, che asseconda una sensibilità lirica e sognante, con un approccio filosofico, abbiamo voluto raccontare le opere dell’architetto veneziano, non solo per l’alto valore artistico che rappresentano, ma anche per la natura della sua figura, quale emblema di un incontro unico tra tradizione e modernità, tra Oriente e Occidente.
Scarpa stesso amava definirsi: «Bizantino nel cuore, un europeo che salpa per l’Oriente».
Il documentario ambisce idealmente, grazie ai mezzi del cinema, a rendere manifesta e a evocare la ricerca che egli operò in tale direzione.
La narrazione è diretta lungo un itinerario ‘esperienziale’, in cui suggestioni artistiche, filosofiche e letterarie, materiali d’archivio, pensieri e memorie diventano elementi portanti per la ricostruzione del discorso colto ed emozionale di Scarpa.
Nella convinzione che questa modalità narrativa conservi in sé un certo grado di esattezza, coerente con l’intrinseca impossibilità di circoscrivere l’esistenza e la creatività di un’artista in un ritratto compiuto e completo. E allo stesso tempo sia occasione per avvicinarsi ad un discorso dalla portata universale, quello sull’essenza dell’opera d’arte.
L’opera scarpiana sembra porci con insistenza questa questione che, come in un enigma, richiede di essere risolta. Ma più ci si addentra in questo tentativo più il mistero su di essa si apre. Come se l’opera di Scarpa non potesse lasciarci indifferenti, e ci costringesse ad interrogarci continuamente, su più livelli, come artisti, intellettuali, esseri umani. Pur essendo indissolubilmente legata al contesto in cui è sorta, essa sembra presentare una forza capace di parlarci nel profondo, superando limitazioni geografiche e culturali.
Come per entrare nelle case del tè realizzate da Sen no Rikyū (1522-1591) era necessario riporre le armi ed entrare da ‘pari’ – neppure il titolo nobiliare aveva peso in quel luogo – , nelle architetture scarpiane si entra con la mente e con il cuore in una disposizione particolare. Sono i luoghi stessi a richiederlo, loro stessi operano questa trasformazione.