Una ricerca di UniSalento: un nuovo potenziale approccio terapeutico per il trattamento della SLA
25 Dicembre 2022Un potenziale approccio terapeutico per il trattamento della SLA – sclerosi laterale amiotrofica è stato individuato in un recente studio coordinato dalla professoressa Cecilia Bucci, docente di Biologia cellulare all’Università del Salento, e pubblicato sulla rivista “Brain Communications”.
Lo studio, “Allele-specific silencing as therapy for familial amyotrophic lateral sclerosis caused by the p.G376D TARDBP mutation” (disponibile al seguente link) è stato condotto in collaborazione con il gruppo del professor Mario Sabatelli dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e con quello del professor Vincenzo La Bella dell’Università di Palermo, e ha portato all’individuazione di un RNA terapeutico di piccole dimensioni in grado di silenziare in maniera specifica l’allele mutato del gene per la proteina TDP-43, tra le principali cause genetiche della malattia.
La SLA è una malattia neurodegenerativa che colpisce le cellule nervose motorie, anche chiamate motoneuroni, e che porta progressivamente alla perdita della capacità di muoversi, parlare, mangiare e anche respirare; attualmente non esiste una cura per questa patologia, che conduce generalmente nell’arco di pochi anni alla morte. Spiega la professoressa Cecilia Bucci: “La tecnica che abbiamo utilizzato si basa sul concetto che un piccolo RNA, appaiandosi in una zona complementare a un RNA messaggero, formi un doppio filamento che blocca la produzione della proteina corrispondente, causandone una riduzione dell’abbondanza nella cellula. In questo caso abbiamo disegnato un piccolo RNA (chiamato siRNA) che causa la riduzione della proteina mutata, lasciando invece invariata la proteina normale che deve continuare a svolgere le sue funzioni all’interno delle cellule per consentirne la sopravvivenza”.
Gli studi, iniziati dalla ricercatrice Maria De Luca e continuati grazie al lavoro sperimentale delle ricercatrici Roberta Romano e Victoria Stefania Del Fiore, sono stati condotti su cellule prelevate da individui sani e da pazienti affetti da SLA a causa di una mutazione di TDP-43.
Queste cellule sono state ottenute grazie alla collaborazione e al contributo, anche economico, dell’Associazione 2HE – IO POSSO, che da tempo si propone di orientare le attività di studio e di ricerca scientifica su vari temi con particolare attenzione alle malattie rare, sostenendo in particolare la ricerca scientifica sulla SLA.
“Questa scoperta è per noi un importante passo verso una terapia genica, frutto di un lavoro che la nostra associazione porta avanti dal 2015 – commenta la Presidente di 2HE – IO POSSO Giorgia Rollo -. Oltre ad aver sostenuto economicamente le attività di ricerca, attraverso le professionalità dei nostri volontari abbiamo sensibilizzato la popolazione e organizzato i prelievi biologici utili alla ricerca. L’associazione ha anche svolto un importante ruolo di coordinamento tra i gruppi di ricerca, che con entusiasmo e impegno portano avanti il progetto. Crediamo fortemente nel lavoro di rete come chiave di successo di tutti i progetti e siamo fiduciosi che il coinvolgimento delle istituzioni e il finanziamento economico delle attività contribuiranno a trovare finalmente una terapia genica per questa terribile malattia”.
Lo studio ha anche ottenuto un finanziamento della Regione Puglia dedicato alle malattie rare.
La proteina TDP-43 mutata determina la formazione di aggregati proteici all’interno delle cellule interferendo con una serie di processi cellulari: “Grazie all’utilizzo di questo RNA, siamo stati in grado di ridurre la presenza di aggregati proteici all’interno delle cellule, causando un aumento della sopravvivenza cellulare e una riduzione dello stress ossidativo – aggiunge la ricercatrice dell’Università del Salento Roberta Romano – questi parametri indicano come il trattamento sia stato benefico per le cellule”.